Per avere una cognizione precisa della Napoli Irrisolta basta osservare il funzionamento dei trasporti tenendo presente che in pochi altri campi come questo si può tranquillamente parlare anche di quella Napoli metropolitana che esiste concretamente al di là del finora carente assetto istituzionale. Napoli Irrisolta come immagine della perenne contraddizione tra eccezionalità e ordinarietà, tra genio e sciatteria, tra generosità e egoismo. Ora che Napoli vanti una rete su ferro di prim’ordine, tra le più ricche nel confronto con le grandi città italiane e non solo, e sicuramente con primati storici, è un dato inconfutabile. Da ormai qualche decennio si lavora a un obiettivo strategico: riportare a circolarità e razionalità la rete, mediante nuove tratte e raccordi, in modo tale da consentire agli utenti di andare da un capo all’altro della città e di molte aree extraurbane con un trasporto sicuro e su linea propria. Considerando la situazione attuale e i miliardi spesi si può dire che siamo ormai a un buon punto e, previsioni alla mano, nel giro di qualche anno il sistema andrà a regime. Per di più ci siamo presi il lusso, tanto per onorare quel genio che è in noi, di curare anche l’impatto con una straordinaria presenza di arte e architettura in punti strategici. Ma come si misura poi l’efficienza del sistema? Certo con la citata possibilità di muoversi in città e dintorni avendo a disposizioni stazioni e linee ferroviarie, ma questa se ne va all’aria se manca il requisito cruciale della certezza e, in misura minore, della comodità, non che viaggiare uno addosso all’altro sia un piacere. E qui si ripresenta l’altro e perenne corno del problema.
Se prendessimo la collezione annuale di un giornale non so quanto pochi sarebbero i giorni in cui non si segnali un disservizio più o meno grave. Le foto dei passeggeri della Circumvesuviana, qualcuno anche con carrozzino, che cercano di raggiungere la stazione più vicina facendo gli equilibristi tra sassi, traversine e binari, non sono un unicum. L’assalto ai tornelli della Linea 1 della Metropolitana sembra in linea con il suo funzionamento a singhiozzo per il quale si è persa anche la voglia di protestare. Le funicolari, vanto secolare della città, sono più chiuse che in funzione a causa di fattori tecnici e anche di salute dei dipendenti. Aspetti i magnifici treni spagnoli che dovrebbero consentire più una frequenza da metropolitana che da diligenza e pure questi si guastano prima di entrare in esercizio. E si potrebbe continuare fino alla noia rotta solo dal piacere di sostare tra opere d’arte spettacolari quasi si fosse in un museo.
Ricordiamo poi il trasporto su gomma che teoricamente e traffico permettendo dovrebbe completare e razionalizzare quello su ferro. Anche qui le linee non mancano ma, come è noto ai napoletani, “ingarrare” giorno e corsa giusta è come prendere un terno al lotto. Ah, il traffico, la sosta selvaggia, i controlli all’acqua di rose… che ne parliamo a fare?
A tavolino, vedendo carte, progetti e resoconti di cose realizzate, non si possono avere dubbi: abbiamo le carte in regola per rendere vivibile, comoda, funzionale, moderna una città tanto bella e invidiata nel mondo. Poi lasci la sedia, esci di casa e ti ritrovi in un’altra realtà dove c’è tutto quello che hai visto nei documenti ma ti rendi conto che qui per un motivo là per un altro le cose non vanno bene, il sistema spesso e volentieri non funziona o funziona male e non perché c’è stato un cataclisma ma forse solo perché qualcuno non ha previsto, non è intervenuto per tempo, non ha fatto il proprio dovere. E anche tu, uno del milione e passa di cittadini, dopo avere imprecato, sopporti e ti adegui e se del caso dai il tuo contributo non rispettando il semaforo e la fila, parcheggiando dove ti pare e fai i tuoi comodi pensando di fare il furbo.
Napoli Irrisolta è servita. L’eccezionalità in tutti i campi fa a pugni con l’ordinarietà e la relativa responsabilità individuale e collettiva. Tra i tanti consigli che da tutte le parti si stanno dando al nuovo sindaco questo probabilmente li riassume tutti. Un’impresa titanica, se la si vuole intraprendere, ma senza la quale saremo sempre a metà dell’opera.
*Editoriale pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno sabato 16 ottobre 2021