Quando e come finirà la parabola di Vincenzo De Luca, sarà possibile trarne un giudizio più vicino alla storia che alla cronaca, meglio restare ai fatti che, per quanto testardi, in tempi di confusione generale lasciano aperte le porte a più di una previsione. Dal 1970 la Regione ha avuto due presidenti di sinistra: Antonio Bassolino e De Luca. Quasi coetanei, sono militanti e dirigenti del Pci e via via seguono anche da protagonisti le trasformazioni di quel partito. Personalità assolutamente diverse sotto molteplici profili, a partire dallo stile e dal carattere: combattivo ma tutto politico il primo, al quale non sono mai scappate un’offesa a un avversario o un cedimento nel rispetto delle istituzioni; brutale e arrogante il secondo che al confronto preferisce il comizio, specie se televisivo, condendolo con sberleffi e colpi di teatro. Ambedue sindaci apprezzati per anni nelle loro città, Napoli e Salerno, lasciano i rispettivi municipi nelle mani di persone chiaramente volte a continuarne l’opera. E tutt’e due approdano alla Regione per due mandati, conclusi per Bassolino, in corso quello di De Luca. Sono uomini della Prima Repubblica, della Seconda e chissà di quale altra in corso o all’orizzonte, e soprattutto attraversano spesso da protagonisti la crisi della politica e dei partiti: anche una breve esperienza di ministro l’uno e di sottosegretario l’altro. Quanto alla loro considerazione dell’impegno di governo della Regione la differenza non è irrilevante: Bassolino, pur essendosi ricandidato per la seconda volta, non vedeva l’ora di arrivare a conclusione e ha riconosciuto di aver commesso un errore quando lasciò prima della fine del mandato il ruolo di sindaco; De Luca è di tutt’altro avviso considerato che intende candidarsi per la terza volta provocando un acceso dibattito contro la proposta di rendere possibile il terzo mandato.
Ora, non so quanto sia azzardato analizzare un altro aspetto, vale a dire l’azione di contrasto alle loro esperienze di governo regionale. Da tempo va crescendo un vasto e qualificato movimento di opinione che intende limitare il potere di De Luca e il sistema non solo familiare che gli ruota attorno. Anche la popolarità conquistata durante la pandemia incomincia a scricchiolare proprio in materia sanitaria. In altri ambiti ormai monta la protesta. Si è detto del terzo mandato che ha fatto scendere in campo figure della cultura e della politica di rilievo, ma ancora più eclatante (il terzo mandato sarà pure un errore ma va detto che esiste potenzialmente già in altre regioni) è il terremoto che sta avvenendo in un settore, in cui il presidente svolge pure le funzioni di assessore, la cultura in questa comprendendo con un po’ di arbitrio spettacoli, feste e sagre. Non è dato prevedere che cosa questa protesta possa sortire, tenuto conto che i numeri alla Regione sono quelli che sono, ma è un fatto nuovo dopo anni di grigiore, assuefazione, silenzi e convenienze.
Ed è altrettanto un fatto che molti protagonisti di questo movimento sono, per quanto il termine più che desueto risulti incerto, di sinistra o, volendo largheggiare, di centrosinistra se non comunisti o, meglio, ex comunisti. Tanti nomi, uno per semplificare: Isaia Sales, che è un saggista di grande valore specie per i suoi lavori sulla criminalità, e che è stato un dirigente salernitano del Pci e poi del Pds, deputato, e che fu consigliere economico di Bassolino alla Regione dal quale poi dissentì tanto da dimettersi.
Bassolino, appunto. Lui ha vissuto più vite, sicuramente uno spartiacque furono le ultime fasi della sua seconda esperienza regionale. Con i rifiuti per le strade fu investito da uno tsunami, corredato da diciannove inchieste giudiziarie che si sono concluse con assoluzioni. Massiccia fu l’azione del suo “mondo” che o non lo difese o lo contrastò senza risparmio fino a contemplare la discesa in campo, con interventi dal Quirinale e da Villa Rosebery, del presidente Napolitano. Lunga è stata la fatica per risorgere ma a modo suo è sempre presente sulla scena.
Queste due storie, diverse per molteplici e sostanziali fattori e dall’esito per quella di De Luca ancora tutto da vedere, hanno in comune la rivolta all’interno dello stesso mondo di cui i due hanno fatto e fanno parte, il che risulta ancora più rilevante se si ricorda il non sempre deciso impegno delle forze di opposizione. E allora viene da chiedersi se non sia anche questa una conseguenza della crisi della politica, del tramonto dei partiti e della personalizzazione dei processi decisionali per cui quel mondo vagamente di sinistra alla maniera di Crono genera figli e poi li divora.
*Editoriale pubblicato il 6 aprile 2022