Scena prima: «Guardate che incanto… era nascosto a tutti, sebbene sia nel cuore del paese… Oggi abbiamo iniziato a pulirla, con il tapiro. Oggi l’abbiamo curata, riportata alla luce. Oggi è continuata la rimozione degli abusi. E torna la bellezza. Passateci, scendete in spiaggia, toccate l’acqua. È vostra, è di tutti. Adesso è di nuovo un patrimonio del popolo… E di chiunque ama la nostra terra. Passeggiate. Andateci. Ammirate le albe ed i tramonti. State lì con il vostro fidanzato, correte con gli amici, giocate con i bimbi. Portatevi asciugamano e ombrelloni. Portate le sedie a sdraio. Andate con un panino a pranzo, una pizza la sera».

Scena seconda: sedici lotti, sedici spazi per i privati dove poter allestire lidi balneari, qualche chilometro di arenile urbano interdetto ai cittadini che, se non pagheranno, la loro spiaggia la potranno vedere in cartolina.

Succede nel golfo di Napoli, ma, se la prima è un’eccezione, la seconda è norma, o quasi, un po’ dappertutto. Ora, se togliamo al sindaco di Bacoli, Giosi Della Ragione, l’enfasi del discorso, compendiamo che l’aver recuperato dopo mezzo secolo una spiaggia di tremila metri quadri e soprattutto l’averla messa a disposizione dei cittadini senza il vincolante acquisto di servizi non sono fatti che rientrano nelle nostre consuetudini. Il caso vuole che nello stesso giorno a Castellammare venga presentato il nuovo piano spiagge che dovrebbe privatizzare un arenile vastissimo e appetibile, nonostante sia solo da qualche tempo utilizzabile mentre il mare dovrebbe ritornare prima o poi balneabile. Il piano interessa tutta la linea di costa, dagli ex Cantieri Metallurgici, quasi al confine con Torre Annunziata, fino alla Villa Comunale. E la quota obbligatoria per legge del trenta per cento di spiaggia libera è prevista di fronte alla Villa Comunale, dove una barriera di stabilimenti balneari sarebbe impensabile oltre che oscena, mentre tutta l’area a nord fino alla “Marina di Stabia” verrebbe riservata ai privati. Solo per inciso va ricordato che alle spalle di questa linea di costa da anni, anche con rilevanti strascichi giudiziari, insiste una vasta e appetibile area in attesa di futuro. Infine sull’altro versante, direzione penisola sorrentina, è in forse il destino pubblico delle due uniche spiagge libere attrezzate che furono il risultato di una mobilitazione popolare di esattamente cinquant’anni fa in cui chi scrive ebbe un ruolo.

Sia chiaro, Castellammare è solo una tessera di un mosaico di sdemanializzazione di fatto a uso privatistico che contraddistingue gran parte delle nostre coste, e non solo regionale, qui se ne parla per la coincidenza temporale delle due notizie, ma in verità la notizia davvero nuova è quanto accaduto a Bacoli perché assolutamente in controtendenza e, chissà, se durerà nel tempo, perché, come si dice dalle nostre parti, «dicette ‘o pappice vicino a’ noce, ramme ‘o tiemp’ ca te spertose». Previsione, questa, molto realistica se solo si tiene presente la campale battaglia condita di polemiche, carte bollate e sentenze in atto da mesi sulla durata delle concessioni delle spiagge ai privati e dell’idea degli stessi di considerare le medesime loro proprietà a vita. Un po’ come le strade e i marciapiedi di tante nostre città, Napoli in testa, invasi da gazebo gastronomici di variegata qualità che un po’ alla volta diventano parte della cartolina iconica con la differenza che il pino prima o poi lo abbatti mentre lo scempio lo conservi gelosamente.

 

*Articolo pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno l’11 febbraio 2022