I due nodi che il nuovo sindaco è chiamato a sciogliere sono i soldi e il personale. Come farà e se ci riuscirà non si sa ma in ogni caso non potrà prescindere da queste strettoie: al Comune di Napoli servono circa cinque miliardi di euro per onorare i debiti e qualche migliaio di dipendenti per far funzionare la macchina. Si vedrà. Ma se questi obiettivi in toto o in parte saranno raggiunti ci si dovrà anche chiedere come evitare che un disastro di tale portata sia replicabile in futuro, anche perché Napoli non si trova per la prima volta in queste condizioni come ci insegna il ricorso o richiamo a leggi speciali. Nel frattempo la città, dal Banco di Napoli all’Italsider, ha via via perso i presidi che le garantivano prestigio, agibilità finanziaria e lavoro, e non è detto che il passaggio dall’acciaieria alle friggitorie sia stato un buon risultato. Basta che ce sta ‘o sole… Beh, bisognerebbe finirla con questo unguento sulle ferite se poi ti ritrovi in coda alla classifica della vivibilità. Un dato del bilancio comunale appena approvato va messo bene in evidenza: solo un napoletano su tre paga le tasse. A parte i portoghesi padroni del nostro sistema di trasporto su gomma, piaga forse sanabile con i tornelli alla salita sui bus e con i carabinieri all’uscita dagli stessi, parliamo piuttosto di tasse. Quell’unico napoletano che le paga è vessato molteplici volte: lo fa, ma poi paga in buona parte anche per i due che mancano all’appello. E spesso e volentieri si sente ribollire dalla rabbia quando, essendo un contribuente raggiungibile, se malauguratamente viene richiesto di sanare un errore è sottoposto anche alla beffa di una sanzione spesso molto onerosa dopo file e attese scoccianti. Intanto le casse del Comune languono.. Colpa del personale carente che non stana gli evasori? Ma ciò accadeva anche quando negli uffici non c’erano posti a sedere. Anni fa in un’inchiesta giornalistica sulle pratiche di abusivismo piccolo e grande che giacevano impolverate negli scaffali, il dirigente si appellò alla mole spropositata dell’arretrato e alla mancanza di impiegati: gli fu replicato che se nei 365 giorni dell’anno, sottratti festivi, riposi e ferie, l’ufficio avesse evaso due-tre pratiche al giorno quella montagna sarebbe diventata una collinetta e nel giro di qualche anno una pianura. Sorrise.
Cambiamo orizzonte ma non argomento. Le cronache prima ancora delle serie televisive ci ricordano quanto grave sia la presenza della camorra. Ma poi c’è la camorria, un veleno insidioso e contagioso evidenziato da una sterminata casistica di piccoli e grandi episodi di egoismo, prepotenza, abusi, violazione di regole civili e leggi. Prendiamo la sosta in doppia fila. Da sempre, quando si è chiesto al comandante dei vigili urbani come mai la città fosse così poco controllata la risposta è stata: abbiamo pochi uomini. Sia quando erano molti sia ora che sono davvero pochi. Ma qualche amministratore si è mai posto il problema di domandargli, per esempio, come mai le auto in doppia fila siano una piaga d’Egitto con conseguenze devastanti sul traffico, la mobilità e la tranquillità dei cittadini? Riflettete sull’automobilista che dal negozio dove è andato a fare compere o a prendere un caffè giunge trafelato dicendo che va via, al quale il vigile non fa la multa dal momento che la vettura è stata spostata. Ma che accade dopo? La doppia fila si riforma e sparisce solo di notte perché tanto c’è la scappatoia se si è appena vigili e si sta attenti a guardare casomai dovesse arrivare il… vigile. Invece se si facessero drasticamente le contravvenzioni, si ridurrebbe via via il numero dei trasgressori e forse sparirebbe anche la sosta in doppia fila, mentre ora per eliminarla occorrerebbe non un vigile di quartiere bensì uno fisso di strada. Responsabilità dei vigili o delle regole di ingaggio?
I napoletani fanno bene ad augurarsi che il Comune sia messo nelle condizioni finanziarie adeguate ai bisogni della città ma il sindaco si dovrà preoccupare non prima né dopo bensì contestualmente e risolutamente delle procedure e modalità di funzionamento della macchina comunale partendo dalle fondamenta: far pagare le tasse (e i biglietti) a tutti e non solo a un terzo dei napoletani, garantire il rispetto delle regole elementari per l’agibilità e il decoro della città, verificare che le direttive dai vertici agli uffici siano precise, rigorose e valide, che i controlli siano costanti e chiedere conto dei risultati. Senza questi presupposti, che dovrebbero essere scontati ma non lo sono affatto, il pur necessario ragionare di progetti e di futuro rischia di essere una fuga in avanti. E poi continueremo, di tanto in tanto, a risentirci quando ci muovono l’accusa, gratuita per una ex capitale e oggi faro di creatività culturale, di essere una città del Terzo Mondo.
*Editoriale pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno venerdì 19 novembre 2021