In politica ci sono parole che generalmente si evitano trattandosi di “una scienza e tecnica, come teoria e prassi, che ha per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica”. Con ciò non si nega il valore degli ideali, della passione, dei rapporti sociali e tra le persone, ma lo scopo, come il celebre fiorentino di qualche secolo fa ci ha insegnato, è preminente. Dunque, in questa interminabile e ormai stucchevole vicenda napoletana fa impressione sentir parlare di sentimenti, di ingratitudine, di intemperanze giovanili quasi come se l’amministrazione della città si confondesse con la vita e le tensioni di una famiglia. E allora si può serenamente riflettere su questo finale tormentato e anche penoso di una stagione lunga ormai un decennio e che vede la città piegata dall’incuria a cui si è aggiunta da ultima la tormenta interminabile della pandemia.
L’epilogo ha tratti psicanalitici e non suoni offensivo questo riferimento perché nelle dimissioni dell’assessore alla cultura, Eleonora De Majo, si può intravedere un parricidio, politico s’intende. C’è da dire che il sindaco in questi anni è inciampato in più di una lacerazione come risulta dalla scia di sostituzioni e abbandoni il cui elenco è davvero copioso, ma quest’ultima è probabilmente la più illuminante per la storia di chi ha sbattuto la porta e per l’investimento che rappresentava per chi la scelse: rafforzare l’alleanza con “Insurgencia” e il mondo dei centri sociali ad essa collegati. De Magistris mise alla porta uno dei suoi migliori assessori, Nino Daniele, peraltro uscito da Palazzo San Giacomo con notevole eleganza, per un evidente calcolo politico che ha ribadito in questi giorni: «Non mi pento della scelta, una scelta, tra l’altro, anche criticata in città. Rifarei la stessa cosa; tra i giovani c’è chi ha colto e ha saputo ben utilizzare questa opportunità che nessun altro mai gli avrebbe potuto dare». Un affondo impietoso, da padre adirato, che con quel “nessun altro mai” abbandona al suo destino la figlia. E che siamo nel pieno di un dramma quasi familiare è spiegato con chiarezza: «Dai giovani si possono accettare anche intemperanze ed assenze di gratitudine». A seguire la sentenza, «noi guardiamo al futuro», con la quale sancisce che l’ex assessore evidentemente guarda altrove.
Lei controbatte: «Gli sono invece molto grata – dice a Luigi Roano del Mattino – per avermi dato l’opportunità di ricoprire un ruolo così prestigioso durante questo anno e mezzo. Sbaglia il Sindaco a confondere la rivendicazione di autonomia rispetto a scelte e modalità che non si condividono più con la mancanza di riconoscenza. Sorprende soprattutto che lo faccia chi ha fatto del “non sono in vendita” uno dei mantra della sua storia politica».
Ed è al calore bianco lo scambio di messaggi a proposito dell’inchiesta giudiziaria sulla commissione per la statua di Maradona. De Magistris non era stato tenero: «Mi auguro che non sia mai venuto meno, per lei come per altri, quel vincolo di onestà avendo fatto della questione morale la ragione del mio impegno in politica pubblica». Pronta la risposta di De Majo: nelle mie dimissioni «la poca vicinanza del sindaco e della giunta ha pesato sicuramente» dal momento che «la scelta di aprire la commissione ad una rappresentanza del tifo popolare è stata da subito condivisa con il sindaco».
In realtà la “lontananza”, ora diventata incolmabile, non era di questi giorni ed era stata avviata con la candidatura di Alessandra Clemente a sindaco (“scelta non condivisa e calata dall’alto”) e ancora prima con la decisione di non partecipare alle elezioni europee del 2019.
E così anche l’ultima bandiera che il sindaco aveva fatto sventolare nel finale della sua navigazione amministrativa è stata ammainata con strappi non rammendabili mentre si scappa dall’imbarcazione. La sopravvivenza del consiglio comunale è speculare alla sua sofferta agibilità dal momento che prioritaria è diventata la presenza del numero legale dei consiglieri per poterne garantire i lavori e l’esistenza. Le condizioni della città sono note, mentre sulle spalle di Alessandra Clemente è stato caricato il peso del passato, del presente e del futuro di Napoli e sul capo di de Magistris aleggia un altro scenario, la Calabria e le sue elezioni regionali. Nel parricidio e nel suo rovescio la De Majo si riserva, con lo stesso schema lessicale del sindaco, il colpo di teatro finale quando ammette di condividere la scelta della candidatura in Calabria: «Mi auguro però che il sindaco non commetta gli stessi errori che sta commettendo a Napoli». Insomma, i napoletani hanno dato, ora tocca ai calabresi.
*Editoriale pubblicato l’11 marzo 2021 sul Corriere del Mezzogiorno