di RAFFAELE BUSSI
“Padre Pio: il vero miracolo” è il titolo del recente saggio di Matteo Cosenza, giornalista di lungo corso, saggista e critico, che l’editore Rogiosi ha di recente mandato in libreria. L’Autore, inviato de “Il Mattino” a San Giovanni Rotondo (in Puglia, provincia di Foggia), ripristinando numerosi articoli che ricoprono l’arco di tempo dal 1998 al 2004 ed un saggio finale Io e la fede, narra la sua lunga esperienza maturata nella terra del frate di Pietrelcina. E lo fa in modo autentico, da inviato di razza, senza pregiudizi, essendo la sua persona intrisa di una laicità che si coniuga con la non credenza. Si attesta sull’uscio, osserva il contesto ambientale, appropriandosi delle testimonianze di chi è stato folgorato dal fenomeno Padre Pio. Alla fine del viaggio tira le somme. A trent’anni dalla morte del frate, all’arrivo a San Giovanni Rotondo, lo scenario di varia umanità che si presenta alla vista di Cosenza è da record: migliaia di pellegrini sui luoghi del taumaturgo in trepida attesa con occhi velati dalla fede nel loro santo, pronti ad ignorare e a non interrogarsi di fronte a spettacoli anche poco edificanti.
Con felice penna, Cosenza passa in rassegna il lunario dei meno abbienti, gli ultimi della terra che, non trovando molte volte risposte in chi è deputato a darle, si affida alla fede nel santo nella speranza di ottenerle. Una folla oceanica che nell’arco della settimana sull’arida montagna del Gargano va alla ricerca di aiuto per lenire le sofferenze che la quotidianità riserva all’indifeso umano.
È il popolo di Padre Pio.Il popolo dei deboli. Anziani in cerca di certezze, ammalati, persone preoccupate per la salute di qualche caro, portatori di handicap, tanti esclusi che in una società che alle soglie del Duemila trasmette messaggi di opulenza, avvertono tutta la fragilità della vita, si sentono minacciati dalla violenza, dal dolore, dalle ristrettezze, e vedono una salvezza nell’umile fraticello.
E il vero miracolo? La risposta dell’Autore non si fa attendere. Il vero miracolo risiede nella fede! Quella che accompagna folle immense sui luoghi del santo, tra il “ciclopico” ospedale voluto fortemente da Padre Pio, un’eccellenza nella sanità del Mezzogiorno, la sua tomba, la cella, la grotta fino alla nuova chiesa il cui progetto è stato affidato a Renzo Piano. Ecco il miracolo che ha consentito a un piccolo e sconosciuto borgo dell’arida montagna appenninica di assurgere a importante sito del turismo religioso.
Le storie dei singoli accompagnate dalle guarigioni hanno accelerato il passaggio dalla beatificazione alla canonizzazione, attraverso un racconto dove spicca la testimonianza di Karol Wojtyla, futuro Giovanni Paolo II, che chiedeva attraverso una lettera, al frate cappuccino di pregare per una sua amica Wanda Poltawska, affetta dal male inguaribile alla gola. Una successiva lettera informava Padre Pio che la donna prima di entrare in sala operatoria risultava misteriosamente guarita. La donna, in visita alla tomba del santo, annotò che Papa Wojtyla pregava per la canonizzazione di Padre Pio, una preghiera che si univa a quelle dei tanti fedeli nel mondo che trovavano ristoro nella fede attraverso l’invocazione al loro protettore. La riconferma che la santità è di questa terra.
Ma cosa assillava Cosenza? È lui stesso a darci la spiegazione.
«Durante il viaggio pensai a lungo come comportarmi. Il mestiere ti aiuta sempre, ma in quel caso non era proprio semplicissimo. Potevo scegliere sicuramente tra due strade. Fare quello che tanti facevano: mischiavano fede e professione, ma, soprattutto privilegiando la prima, trasmettere al lettore resoconti per così dire ‘inginocchiati’, più da fedeli che da giornalisti. La via più facile, ma ovviamente non era nelle mie corde, e pensai che era esattamente quello che Paolo Graldi non voleva. L’altra soluzione era quella di operare come gli inviati di tanti giornali nazionali, qualcuno lo vidi all’opera, che arrivavano in quella rocciosa e arida montagna rossa del Gargano, con quattro pennellate descrivevano quello che vedevano come un fenomeno da baraccone e se ne tornavano nel loro civilissimo mondo di persone colte e moderne. Soluzione scartata, e non ho neanche bisogno di spiegarne il motivo.»
Una lezione di giornalismo, questa di Cosenza, la lezione di un corrispondente dalla schiena dritta, dalla professione non approssimativa e raccogliticcia e che riporta la mente al comune amico e Maestro Michele Tito e alle sue innumerevoli corrispondenze da ogni angolo del mondo. Un’esperienza, quella di Tito, dalla quale abbiamo attinto la lezione dell’approccio corretto alla notizia, dalla cronaca della notizia fino all’introspezione intimista dei personaggi del contesto narrativo.
Questo insegnamento gli consente di andare alla ricerca, per poi trovarlo, del vero miracolo, quello che sicuramente voleva il direttore Graldi. La fede! Quella fede che pur trascina con sé, lungo l’arco dell’umana esistenza, dubbi e interrogativi i quali, prima che l’ultimo granello di sabbia abbia attraversato la clessidra, assillano il povero mortale, senza riceverne a volte risposta. Il dubbio! È anch’esso preludio alla fede, come riferiva Agostino d’Ippona?
Non saprei rispondere, caro Matteo. Al di là di tutti i dubbi, e dell’accorato appello di Renzo Piano, progettista della nuova chiesa a non fare cattivo uso dell’opera, una certezza resta. L’aver offerto, attraverso il tuo racconto, una testimonianza unica sul personaggio Padre Pio, ma soprattutto per aver mostrato, al contrario di altri, rispetto per uomini e donne, protagonisti di un dramma nel quale navigherà nel tempo una umanità sempre più povera di valori. E’ quanto conferma Padre Gian Carlo Bregantini, Arcivescovo di Campobasso-Boiano, nella sua prefazione di grande profondità di pensiero, per sdoganare l’Uomo dal male endemico di sempre: la maldicenza, che consente a chi giudica di guardare alla pagliuzza negli occhi altrui, e non alla trave che alberga nei propri.
*Articolo pubblicato il 26 gennaio 20121 su “Altritaliani.net”