Preoccupazione, ansia, paura. Sono sentimenti di questi giorni, di queste ore, mentre, in assenza di campionati di calcio degni di essere seguiti, indugiamo sugli unici numeri che se ne fregano dei dibattiti da bar dello sport e ostinatamente dettano legge. Sapevamo, non perché siamo scienziati ma solo perché ci avevano avvertito, che in autunno il virus avrebbe ribussato nelle nostre vite e così si sta verificando. Dovevamo essere più previdenti e prudenti, più rigorosi con noi stessi, e invece, non tutti sia chiaro, abbiamo pensato che il peggio fosse alle nostre spalle. Non è così, quei numeri sono una pugnalata quotidiana alla nostra serenità.
Dovremmo chiederci un sacco di cose. Ma noi siamo molto bravi a fare gli allenatori di calcio anche se non sappiamo tirare un rigore, e ci mettiamo poco ad essere anche presidenti del consiglio, ministri, amministratori. Si sono lette e sentite, si leggono e sentono tante di quelle corbellerie che, se non stessimo in piena tragedia, ci potremmo fare risate a crepapelle. Un giro sui social è istruttivo.
Non so se gli attuali governanti siano tiranni o sciagurati, molti li ritengono tali. Potrei non difenderli perché, per le mie idee, avrei preferito altro, ma loro sono lì e dall’inizio dell’anno stanno gestendo una situazione senza precedenti a cui richiamarsi, dove se scegli bianco forse avresti fatto meglio a preferire il nero, dove non sai mai se quella decisione è davvero la migliore possibile nella situazione data. E poi, per dircela tutta, bisogna sempre fare i conti con una macchina burocratica che rallenta qualsiasi operazione e procedura e della cui esistenza eterna porta la responsabilità il Paese da sempre perché, se da un lato questo intralcio permanente ci fa arrabbiare, dall’altro lascia aperti i varchi per privilegi, affari, corruzione e quant’altro. Non credo che non ci siano stati sbagli, ma onestamente non saprei chi al loro posto avrebbe potuto dare prova di infallibilità. Devono, dobbiamo vedercela con chi parla di leggi liberticide senza arrossire o perfino con chi ritiene che ci sia una sorta di complotto demoplutocratico e scende pure in piazza per rivendicare la propria sanità mentale. Poi nel Palazzo prendono anche qualche cantonata come quella, rimessa sui piedi giusti della sola raccomandazione, del numero delle persone consentite in casa propria. E per Palazzo intendo quello di Roma ma anche quello napoletano dove impazza lo Sceriffo con il lanciafiamme e con decisioni draconiane come la chiusura delle scuole che, mentre riduce a zero un diritto fondamentale, mette in libertà decine di migliaia di giovani che ora hanno più tempo per girare liberamente per le città con le conseguenze che possiamo immaginare. Ma fatta la tara, con non poca inquietudine, di questo e altro chiediamoci come sia difficile coniugare la difesa della salute con quella dei posti di lavoro e dell’economia. In una tempesta inarrestabile come quella nella quale ci troviamo devi inventarti soluzioni che tengano insieme anche necessità contrastanti.
Ma, dopo aver fatto ad ogni piè sospinto l’esame severissimo a chi governa e gestisce, qualche domanda sui nostri comportamenti ce la facciamo? In assenza di vaccini e medicine risolutive ci è stata consigliata, e ora hanno dovuto imporcela per legge, l’adozione da parte di ognuno di noi di quelle misure minime di attenzione per ridurre (solo ridurre, perché al momento non possiamo sperare di meglio) il rischio: evitare gli assembramenti, tenere le distanze tra le persone (non tra le classi), usare la mascherina, lavarsi continuamente le mani, sanificare i luoghi dove viviamo e tutto quello che il buon senso e l’esperienza consigliano. L’abbiamo fatto? O meglio ci siamo adeguati tutti a queste regole? Forse queste secondo molti procuravano fastidio o avrebbero limitato la libertà?
Io partirei da qui prima di parlare d’altro. Puliamo ognuno il proprio uscio e tutto il resto sarà in gran parte più pulito o, per dirla con un famoso presidente americano, prima di chiederci che cosa fa il paese per noi chiediamoci che cosa facciamo noi per il paese. Ripeto, sarebbe troppo facile sparare sulla croce rossa ricordando lo stato delle strutture sanitarie, le difficoltà nell’adeguamento delle sedi scolastiche, i controlli e le indagini sui contagi e via elencando. Ma intanto facciamo la nostra parte. Io non vorrei stare nei panni di chi governa. Non dormirei la notte e non so se loro dormono tranquilli. Di una cosa nella mia ignoranza sono certo: non è più tempo di scherzare.