Bisognerebbe riflettere su un fatto molto semplice: ogni giorno leggiamo notizie di personalità note di vari mondi (politica, sport, spettacolo, cultura) che presuppongono relazioni, incontri, conversazioni, confronti e sfide, risultate contagiate dal Covid 19. Vero è anche che fortunatamente costoro, quasi tutti, non vedono aggravarsi le proprie condizioni e alla fine escono dall’incubo. C’è anche chi ironizza su questa presunta selezione sociale che farebbe il virus, ma sono battute che lasciano il tempo che trovano. Perché, dunque, occorre riflettere? Perché è la dimostrazione concreta che la mancanza di prudenza o in qualche caso anche il rifiuto delle norme di protezione determinano comportamenti che possono alimentare una pericolosa virulenza della seconda ondata della pandemia.

Certo, non si possono fermare tutte le attività, la nostra società ha già subito pesantissimi colpi nella prima ondata. I timori per la scuola, l’economia, l’occupazione, la sopravvivenza di fasce sempre più numerose di popolazione sono fondati e opportunamente stanno condizionando le scelte di governo. Non si chiude, ma la condizione è chiara: tutti, non solo lo Stato, devono fare la loro parte. I primi a doverlo siamo noi cittadini, ognuno preso singolarmente nelle sue relazioni familiari, amicali, sociali.

Quindi, mascherine sempre nonostante il fastidio che esse provocano. Sappiamo bene che a volte ci sembra di soffocare o sudiamo troppo, ma è un piccolo sacrificio che possiamo fare. Quando molti anni fa a Shangai vidi gli abitanti che circolavano con le mascherine fui perplesso e soprattutto preoccupato perché la causa di quell’inconsueto indumento, lo smog, non era estranea alle nostre città. Oggi lo facciamo per la salute ma in più anche e soprattutto per la vita.

La distanza, poi, è fondamentale. Non quella sociale, ovviamente, ma quella fisica tra le persone. Nei negozi, negli uffici, nei luoghi di lavoro, e soprattutto negli incontri pubblici e nei luoghi di ricreazione e ristoro. Bisogna abituarsi, ma, ribadiamo il concetto, anche questo non è sacrificio grave.

Ancora: l’igiene dovrebbe essere normale nella nostra esistenza, oggi può sembrare maniacale, ma si può fare ed è facile farlo perché ad ogni angolo e porta c’è un dispensatore e poi, una volta a casa, una bella lavata di mani dovrebbe essere di rigore sempre, figuriamoci ora. A seguire la febbre da controllare e le altre eventuali procedure sanitarie.

Questo e tutto quello che serve ci tocca fare. Il virus è democratico, non ci sono aree protette di per sé né bolle, come giustamente si denuncia per il mondo ricco e viziato del calcio che sta fornendo uno spettacolo poco commendabile. Contestualmente dobbiamo pretendere da chi governa ai vari livelli efficienza, tempestività scelte oculate e soprattutto serietà. Senza mai dimenticare che dobbiamo passare da una vita di sacrifici ai sacrifici per la vita.