Le metà di uno scaffale della nostra libreria è occupata dai suoi libri. Di poesia, di storia, di cultura (da Ludovico Ariosto a l’Abate Lamennais), di novelle, di racconti e soprattutto di Stabia. Ci sono cari perché l’autore è lo zio di Anna e lei, appena fidanzati, con comprensibile orgoglio volle farmelo conoscere. Di fama Libero d’Orsi mi era noto, perché lui era il preside che aveva portato alla luce le magnifiche ville dell’antica Stabia. Questa fu la passione o meglio la missione della sua vita. 

C’è un dialogo illuminante nel suo libro “Il mio povero io”. Sta scavando nel podere del notaio Gaspare De Martino che lo osserva con preoccupazione e lo interrompe continuamente sperando che non venga manomessa la sua proprietà. Il preside lo “prega e riprega” di lasciarlo fare e alle strette gli dice: «Caro dottore, come potreste dormire i vostri sonni tranquilli ora che sapete che sotto i cavoli e le fave piangono e sognano creature bellissime che, se anche solo dipinte, non sono meno vive di voi e di me?… Ma non saltate di gioia al pensiero che quasi certamente questa è proprio la villa di Pomponio, l’amico di Plinio? Avreste il coraggio di lasciare sottoterra la stanza dove Plinio… il grande ammiraglio… il grande scienziato… dormì l’ultimo sonno?». Come poteva resistergli il notaio! Una delle personalità culturali più importanti della città, un educatore di generazioni di studenti, un uomo stimato a ogni latitudine stava lì in compagnia di due operai, compreso il bidello, armati di piccone e pala, a convincerlo con l’entusiasmo di un ragazzo che poteva essere protagonista insieme a lui di una delle scoperte archeologiche più importanti. Scavò, scavò, scavò e nessuno poté fermarlo.

Il suo sogno di riportare alla luce una parte significativa del luogo di villeggiatura dei potenti romani di quel tempo è stato realizzato, mentre l’altro – dare una casa ai reperti straordinari venuti alla luce – è diventato realtà quarantatré anni dopo la sua morte: da giovedì il Museo Stabiano ha trovato la sua sede dignitosa nella Reggia di Quisisana, e anche questa dimora magnifica, dopo anni di abbandono e un restauro di qualche anno fa, ha finalmente una prestigiosa e adeguata funzione. E Libero d’Orsi, a cui è intitolato il museo, ha il riconoscimento che la città gli doveva.

Merito indiscutibile di Massimo Osanna, direttore generale dei Musei, che ha creduto nell’operazione e l’ha portata a compimento in collaborazione con il Comune. Alla vigilia di questo evento che doveva unire la città e le sue rappresentanze non è mancata qualche discussione sulla primogenitura. Che poteva essere evitata dopo tanti decenni di scandalosa sottovalutazione di un bene così prezioso per Castellammare e non solo, ma soprattutto perché ci sono cose su cui non ci si divide. Sicuramente non sarebbe piaciuta al preside.

Lui racconta il rapporto con gli amministratori di allora quando cercava sostegno materiale per poter realizzare la grande impresa. Si reca dal sindaco, “il dottor Pasquale Cecchi che mi vuole bene da sempre” e imbastisce questo “discorsetto”: «Caro sindaco, stammi a sentire; ti voglio tutto orecchi. Ho bisogno di voi: dovete darmi uomini e materiali. Pensa che la scoperta di Stabia avrà una risonanza in tutto il mondo». E poi “scherzando sul serio” aggiunge: «Aiutandomi a scoprire o a ritrovare la nostra sepolta città, voi ideologicamente siete a posto con la vostra coscienza… sinistra. Non combatterono gli Stabiani il dittatore Silla? Ebbene voi continuate la storia! Non potete tradire una simile eredità!». Ottiene quello che vuole.

Cambia l’amministrazione e la nuova è “anch’essa benemerita”, il sindaco è un democristiano, il “dinamico” Giovanni degli Uberti, che non vuole essere da meno del predecessore e lo aiuta in tutti i modi. Sostegno che non mancherà quando il sindaco sarà suo nipote Franco d’Orsi. In questo clima viene portata alla luce l’antica Stabia e nasce il museo in una sede che diventa rapidamente inadeguata. Fino a oggi.

Sarà un caso ma ciò è avvenuto due giorni prima della manifestazione per la presentazione della candidatura di Castellammare a capitale della cultura 2022. Sono in tanti ad aver manifestato comprensibili perplessità su questa iniziativa ricordando lo stato in cui versa la città sotto il profilo economico, sociale e della sicurezza. Non sono rilievi di poco conto, piuttosto è da vedere se questa scommessa servirà a dare una spinta in avanti o si rivelerà solo un sogno ambizioso e forse anche strumentale. Per l’affetto per la mia città io le auguro di farcela perché questo significherebbe aver imboccato la via virtuosa del cambiamento. E mi piacerebbe che il nuovo Museo stabiano Libero d’Orsi sia un punto di ripartenza. Per affetto… dicevo.